moon eggs
Beguine sulla luna
Volo Londra-Bologna. La fauna si divide tra coppie agée borghesi, composte da Carpisa moms e mariti vestiti à-la chef televisivo, ed eterni fuoricorso. Un ragazzo sottolinea l'imminente Natale alle porte con un cappellino che recita Cortina sul fronte, e un pacco dono cucito sul retro. Una ragazza apre un contenitore di plastica trasparente con dell’insalata, anziché abbandonarsi al piacere frustrante dei cibi confezionati aeroportuali. L’odore di aglio invade l’abitacolo pressurizzato, ne individuo con gli occhi la fisica bianca. Sembrerebbe un innocente tocco di uovo sodo. Penso a Calimero, che aveva un mezzo guscio d’uovo per capello, o forse per capelli. Un guscio perfettamente frastagliato, come la più invidiabile delle frange. Chissà se, nato negli anni '60, quell'uovo ribelle fosse un'allusione alle zazzere dei complessi capelloni del tempo. Le canzoni furiose e veloci del garage sono il ritmo a cui vorrei che questi pensieri scorressero. Ma si perdono in digressioni, si annacquano fino a prendere le forme dei ricami del rock progressivo. Quel genere che nessuno veramente più ascolta, ma che molti si vantano di amare, per dimostrare di avercelo più lungo. Musicalmente parlando.
A proposito di piaceri, anche erotici. Mi domando perché si faccia sempre un gran nobile parlare di quanto debbano piacere le mani, ma mai i piedi, per scagionare le nostre recondite velleità. Un po' come alla televisione, dove si parla sempre con distinta altezzosità borghese da chef in cravatta Pitti Uomo dell'uovo in camicia – poached, dicono – e mai dell'uovo sodo, operaio. Forse perché non esiste più la classe operaia. Altro che andare in paradiso.
Ho mangiato molte uova sode in tempi recenti, ad Amsterdam. Costavano 1€ in un caffè accanto allo storico negozio di dischi Concerto. Ti riempiono, fanno stumiera, come si scriverebbe nel dialetto di Gozzano e Pavese.
Nell'infanzia della provincia cuneese, l'uovo era soprattutto quello 'al palet' nel logo de La Prova del Cuoco, renderizzato sugli schermi ancora bombati delle televisioni a tubo catodico. Accompagnava quello stridente 'ti sei lavata le mani tesssoro?!' che chissà perché le nonne cresciute nelle vicinanze dei campi trovavano divertente. Chissà se si rivedevano in Anna Moroni, nei suoi capelli corti e tinti da chi ha da alzarsi presto e non ha tempo per fronzoli da moglie. Ahhh, le donne con le braghe dei campi.
Anna Moroni mi è sempre stata viscidamente antipatica. Le preferivo il caustico humor toscano di Bigazzi, magnagati. E giacché questo memoir ad alta quota è deragliato in scorrettezza, non posso che non ricordare quando si vedevano uomini di una certa età sostare di profilo, con le mani conserte dietro la schiena e maglioni troppo attillati che si dilatavano sui loro ventri, sproporzionati rispetto al corpo. "Oeuvvv", si esclamava, suggerendo che si fossero ingurgitati un intero uovo di pasqua, di quelli da concorsi della lotteria parrocchiale.
E poi via, a fare chissà cosa. Come scoprire che la luna assume ogni mese la forma ad uovo.
Quante poche canzoni sulle uova, quante sulla luna. Però nessuna sulla luna ad uovo. A Utrecht, Matilde mi ha spiegato che il genere del concerto a cui avevamo appena assistito si chiama egg punk, ma senza saperne spiegare il perché.
Come non ci si spiega il perché nessuno tira più uova, ai musicisti scarsi, alle prime teatrali deludenti, agli amatori e perché no, agli amanti. In una società così sanificata, dopotutto, stupisce che le uova siano ancora così raw, grezze, a volte ancora con le piume di gallina attaccate, e non sterilmente impacchettate nella plastica. Come è successo invece alle mele, o al pane.
A Bologna. La sera. In trattoria. Scorro con gli occhi il menù: quanti piatti a base d’uova, ma nessuno in cui l’uovo è protagonista, solo a prendersi il plauso della platea dei denti davanti alla bocca aperta. Ai tavoli disposti in linea orizzontale, spalle al muro perlinato, ci sono commessi viaggiatori. Ordinano “acqua minerale liscia, a temperatura ambiente”, con quelle non precisate voci centro-italiane, soffocate, da padri italiani. Voci familiari, ma che non ho mai veramente conosciuto intimamente. Alcuni indossano ancora la cravatta, sotto strati di gilet centogrammi. Una coppia di amanti ciechi avanza con confidenza, bastoni spianati, per saldare il conto. Lui tiene in mano una borsa di plastica, di quelle che non si usano più, con i manici di plastica dura marroni, di un negozio di abbigliamento chiamato Amarcord. Chissà se avessero fatto shopping in questa boutique, o se fosse solo una suggestione felliniana evocata dal mio essere in Emilia Romagna.
Anche il cuoco, che si intravede dalla porta aperta della cucina, sembra appartenere a un passato perduto. Il cappello alto e bianco, il foulard rosso al collo, i baffi neri sotto un naso a tubero, l’alone grigiastro di quelle barbe che non si rasano mai del tutto – come quella di Fred Flinstone, Homer Simpson e dei banditi nell’iconografia popolare, come la Banda Bassotti e quelli dei cartoni animati Hanna Barbera. Ricorda quelle statue che si vedevano un tempo fuori dai ristoranti da buone forchette. Sembrerebbe solo mancargli una pala da pizza in una mano, una lavagnetta su cui scrivere il menù del giorno nell’altra. La cameriera indossa un grembiule nero sopra una camicia bianca. I capelli, anch’essi corvini, sono raccolti in una pinza di plastica che ricorda la crestina di Lucia Mondella. È giovane e rispettosa, un’apparentemente timorata signorina Felicita gozzaniana. Le sneaker nere e i pantaloni skinnies – falla su cui cade l’etichetta della ristorazione formale d’oggi – ne tradiscono l’appartenenza allo stesso tempo passato del cuoco. L’accento ne suggerisce un’origine slava, forse Albanese. D'altronde sconfinando oltre i campi, in giù in giù, ci sono i balcani e allora vengono a meno le distinzioni etniche, tra i contadini del nord Italia e le popolazioni dei monti. Passa Vasco Rossi alla radio, Bollicine.
Quella band egg punk di Utrecht ricorda un gruppo che fu di Bologna, i Confusional Quartet, che incisero una canzone intitolata Beguine sulla Luna. Ascoltatela, chissà che vi porterà fortuna.
Lorenzo Ottone
*Next contribution will be published right before the full moon of January 13, 2025, when the waxing moon will be egg-shaped again.*
there’s a specific moment when the moon takes on an egg shape—right before or after a full moon—and that’s the time when the symbol and meaning of the moon and the egg are completely bonded. the mission is to publish one text a month, when the waxing moon is egg-shaped. one text, once a month, written by one of my friends, about their research, work, passions, or obsessions—art, fashion, poetry, archaeology, music, nature, humans, life—anything, anyway.
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